I have a dream

EDITORIALE ESCLUSIVO PER FCINTERNEWS. DI FABRIZIO ROMANO


© foto di Giuseppe Celeste/Image Sport
Juventus-Inter è una fetta di calcio italiano. Una bella fetta di calcio italiano. Sono passati 44 anni da quando Gianni Brera la definiva "non una semplice sfida, ma il derby d'Italia". In questo arco di tempo ne abbiamo viste di tutti i colori: vittorie, sconfitte, polemiche, rigori, proteste, gol meravigliosi e stadi infiammati. E perché no, anche retrocessioni. L'odio è alle stelle per dieci, cento, mille motivi. Dalla storica rivalità di ieri ai tribunali di oggi. Rabbia accesa a mo' di fuoco tra due fazioni calcistiche completamente opposte. Il calcio è anche questo e non solo in Italia.
Ma non dev'essere calcio quello che spesso, troppo spesso si è verificato invece sugli spalti. Comprensibili le solite polemiche, non mancheranno, eppure un sogno per questa sfida c'è. The dream, ovvero nessun coro osceno da parte delle due fazioni. Perché questo non è calcio, non è sport, non è umanità ma è stupidità in Italia così come in qualsiasi altra parte del mondo. Eppure, dalle nostre parti tutto è più leggero da questo punto di vista. "Tanto tra una settimana non se ne parla più", si pensa, giustamente. Non è così che deve funzionare.
Ne abbiamo sentiti tanti in questi anni, duole dirlo, da entrambe le parti. Giacinto Facchetti, Peppino Prisco, ma anche Gaetano Scirea o i morti dell'Heysel, magari i primi potrebbero tornare di stretta attualità essendo la sfida a Torino e non essendoci più giocatori di colore nell'Inter così temuti da poter essere insultati a ritmo scimmiesco, come fu prima per Balotelli e poi per Eto'o. Ecco, è proprio questo che non vogliamo da parte di entrambe le tifoserie. Sarebbe meraviglioso avere una sfida tra Juventus e Inter senza tirare in ballo chi non c'è più. Perché quando c'è di mezzo la vita non ci si può dividere per colore di maglia, tifo o qualunque altra cosa.
Chiedere ciò in Italia è un po' come pretendere che in Baviera non bevano birra. Inutile dirlo, non meraviglierebbe per nulla ritrovarsi qui a scrivere domani di stendardi contro Facchetti, cori sull'Heysel, invocazione a morte di nostri esponenti o episodi simili. Ma sarebbe molto più bello e dignitoso non scriverne proprio, lasciare intonsa questa polemica e dirci per una volta, tutti insieme, bravi. Dirci che siamo maturati, che Facchetti e Scirea non hanno ammazzato nessuno, che Pessotto va rispettato perché la sua tragedia anche se ha avuto - per fortuna - un lieto fine non va assolutamente ridicolizzata in uno stadio, che la mamma di Marco Materazzi non c'è più perché lo ha abbandonato quando era un bambino e la chiamano in causa anche se Matrix - ormai - non veste nerazzurro. Non chiediamo uno stadio privo di striscioni, di provocazioni, di sfottò o di polemiche, perché quello fa parte del gioco. Ma del gioco non fa parte tirare in ballo chi riposa e merita di continuare a farlo senza sentire il proprio nome rimbombare in una Curva o offeso su uno striscione.
L'appello è per tutti, anche per i cuori nerazzurri: queste cose lasciamole agli altri e manteniamo il nostro stile. Insomma, sarebbe proprio ora di finirla. E anche se ci ha francamente stufati, diciamocelo: più Filippo, meno imbecilli. Probabilmente non riusciremo mai nell'impresa. Ma sicuramente non potranno rimproverarci di non averci nemmeno provato.