Parla Maradona: "Inter, hai vinto e questo conta. Gli argentini e Mou..."



Fonte:
 Gazzetta dello Sport
Stupenda intervista realizzata dalla prima firma della Gazzetta dello SportPaolo Condò, a Diego Armando Maradona. Qui ne riportiamo i concetti che il Pibe de Oro ha espresso sul calcio italiano e, ovviamente, sull'Inter. A domande originali corrispondono risposte altrettanto originali. Finalmente una bella pagina di giornalismo. Godetevela. 
Cosa vede di nuovo nel calcio italiano?
«Eh, è tornata la Vecchia Signora. La rinascita della Juventus mi sembra il dato saliente di questa stagione, e ci aggiungo purtroppo perché nella prospettiva di lottare presto per lo scudetto il Napoli ha una concorrente terribile in più».
Trova che il Milan resti favorito in campionato?
«Sì, ha un vantaggio piccolo ma pesante, e probabilmente è ancora la squadra migliore. E poi ha avuto il coraggio di investire su un allenatore giovane in un mondo che mi pare imbalsamato. Sempre le stesse facce, non mi stupirei se qualcuno richiamasse Trapattoni... Allegri è bravo, ma mi faceva ridere quando fingeva di non pensare al rinnovo del contratto. "Dove vai?" gli gridavo, guardandolo in tv. "Tieniti stretto quel posto, di migliori non ce ne sono"».
Che idea si è fatto di Ibrahimovic, più dominantein Italia che in Europa?
«Allenarlo non deve essere facile, ma è un purosangue. Lo metto quasi allo stesso livello di Cristiano Ronaldo, che ovviamente è secondo solo a Messi. La mia classifica: Messi, Ronaldo, poi Ibra e Rooney a pari merito. E il Kun Aguero è fra i primi dieci, ma in ascesa».
Le piace Balotelli?
«Molto. E’ ancora un ragazzino, e come sappiamo i suoi problemi non sono in campo ma fuori, ma penso che il sostegno quasi paterno di Mancini lo stia portando sulla strada giusta. Ho molto apprezzato anche il fatto che Mancini abbia voluto e saputo dare una nuova opportunità a Tevez; mi ero raccomandato con l’Apache, una volta sfumato il trasferimento al Milan doveva fare pace e l’ha fatta. È una storia che può finire in gloria, se il City vincerà il titolo».
Ritiene Balotelli la chiave del rendimento dell’Italia all’Europeo?
«Non esageriamo, ci sono altri buoni giocatori. Io ne ho in testa soprattutto due: Marchisio, che ha la determinazione a emergere dei campioni, e Pirlo, che pare un ragazzino. Se posso fare un augurio a Prandelli, i recuperi di Cassano e Rossi trasformerebbero la vostra nazionale. Rispetto a una volta mancano i marcatori italiani, quelli che mi seguivano anche quando andavo a prendere l’acqua a bordo campo. È una tradizione scomparsa, e per voi non credo sia un bene».
Pensa anche lei che il ciclo argentino dell’Inter sia concluso?
«Cominciamo col dire che è stato eccezionale. Zanetti, Cambiasso, Samuel, Milito hanno scritto la storia. Poi, il tempo passa per tutti. E a volte qualcuno lo accelera...».
Cosa intende dire?
«È stato Mourinho. Un grande anche per questo, riesce a farsi dare tutto dai suoi giocatori. Non so all’epoca quanta energia avessero ancora Zanetti e Cambiasso, ma Mourinho non gliene lasciò nemmeno una stilla. Egoista? Patto col diavolo? Hanno vinto, questo conta».
Maradona, perché nel 2010 lasciò a casa Zanetti? Quando Otamendi concesse subito a Muller il gol dell’1-0 nel quarto di finale con la Germania, ce lo chiedemmo tutti in tribuna. Senza quello strafalcione il destino della sua Argentina sarebbe potuto essere diverso.
«Lei dice? Io penso semplicemente che anche mio nipote Benjamin sapeva che sulle punizioni Muller andava sul primo palo, avevamo studiato le altre gare della Germania, era una situazione chiara. Ah, che sbaglio... E quante lacrime, in quello spogliatoio. Ma se commetti un errore con il Camerun puoi sperare di sopravvivere, contro i tedeschi no, e io lo so bene. Ricorda la finale dell’86? Un attimo di rilassamento, e dal 2-0 ci ritrovammo 2-2».
Fu in quel momento che Diego Maradona decise come vincere il suo titolo mondiale. Con un assist — magistrale — a  Burruchaga. Tutti marcavano lui, e lui seppe beffarli. Lui che adesso aspetta, con aria quasi rassegnata, l’ultima domanda. Beh, gente, riuscire a sorprendere Maradona è qualcosa che non ha prezzo. Diego, non le chiederò se sia stato più forte lei o se è più forte Messi. Le chiedo come sarebbe stato giocare assieme. Il sorriso che gli illumina il volto è una meraviglia.
«Vede, le classifiche fanno ridere ma c’è una dote, soprattutto una, che nessuno ha mai avuto come me e Leo: la velocità di pensiero. Allenandolo, la cosa di me che rivedevo in lui era la fulminea comprensione di come l’azione si sarebbe sviluppata. È una qualità innata, una cosa da computer. Potendo dialogare con uno che pensa alla stessa velocità, entrambi avremmo dato ancora di più».